La Corte Suprema brasiliana si pronuncerà il primo giugno sull'estradizione in Italia dell'ex militante dei Proletari Armati conto il Comunismo (Pac) Cesare Battisti, condannato all'ergastolo in contumacia dalla giustizia italiana per quattro omicidi commessi fra il 1977 e il 1979.
Si tratta di un ulteriore sviluppo del caso legale e diplomatico che si trascina dal 2010, quando la Corte Suprema autorizzò l'estradizione di Battisti lasciando però la decisione ultima nelle mani dell'allora Presidente Luiz Inacio Lula da Silva, in quanto questione che riguardava anche la politica estera del Paese, di pertinenza dell'esecutivo.
Il 31 dicembre scorso, nell'ultimo giorno del suo mandato e dopo aver ricevuto il parere dell'Avvocatura dello Stato Lula decise infatti per il 'no' all'estradizione, d'accordo con il suo ministro della Giustizia, Tarso Genro, ma andando contro il parere della Corte e innescando quindi un potenziale scontro fra i poteri.
Di fatto, la Corte dovrà ora valutare se i motivi addotti da Lula per mantenere lo status di rifugiato concesso a Battisti (che ne impedisce l'estradizione) sono conformi al Trattato bilaterale in vigore fra Italia e Brasile. Fino alla sentenza Battisti rimarrà rinchiuso nel carcere di Papuda, a Brasilia, per evitare il pericolo di fuga.
La sentenza dell'aprile del 2010 aveva in sostanza dato ragione alle richieste della magistratura italiana senza però risolvere né la questione dell'estradizione né - aspetto principale dal punto di vista brasiliano - il potenziale conflitto istituzionale fra il potere esecutivo e quello giudiziario: anche per questo, per lunghi mesi, il governo brasiliano aveva tergiversato, cercando una via d'uscita che permettesse di far rimanere Cesare Battisti senza urtare né la magistratura né rovinare i rapporti con l'Italia; lo stesso Genro aveva parlato di una possibile concessione di un asilo per "motivi politici o umanitari".
Il punto cruciale è quale sia l'effettiva libertà di cui gode il Presdiente, e le sue conseguenze giuridiche: se cioè possa scegliere di ignorare del tutto il parere della Corte (e il Trattato bilaterale in vigore con l'Italia) dato che questa ha stabilito che i reati di cui è accusato Battisti sono crimini comuni, e non politici; oppure, se gli sia possibile negare l'estradizione solo sulla base di ulteriori considerazioni legali che prevalgano sul parere del massimo collegio giudicante.
Lula si era trovato così di fronte al dilemma che avrebbe voluto evitare: sfidare la sentenza della Corte, innescando così un conflitto istituzionale senza precedenti, oppure smentire il proprio Ministro della Giustizia, fra i suoi principali collaboratori. Senza contare i rapporti con l'Italia, ragione per la quale i magistrati hanno deciso di lasciare al Presidente l'ultima parola: la questione, ha infatti concluso la Corte, riguarda anche i rapporti diplomatici con un Paese terzo e pertanto è di pertinenza dell'esecutivo.
Fonte: AFP
martedì 24 maggio 2011
Cesare Battisti, il primo di giugno la sentenza
Pubblicato da
hcl
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17:27
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